Gigi Proietti, A me gli occhi, please
I balconi sono diventati per i romani nell’ultimo anno sempre di più un posto di condivisione. Come su un palcoscenico, per mettere a nudo la vita. Per cantare. Per urlare. Per celebrare. Ieri a Roma in tanti si sono affacciati a ringraziare Gigi Proietti, per aver condiviso una vita e una carriera da Pro.
Gigi rende i romani orgogliosi perché ha sempre fatto le cose fatte bene. Con il carisma e la trasparenza tipiche di una personalità verace. Un’onestà magnetica con cui ha saputo raccontarsi e raccontare i romani e non solo, da attore comico e drammatico, scrittore, regista, cantante al cinema, in teatro, nelle piazze e nei salotti televisivi.
Gigi è un pezzo di Roma
come i sanpietrini, il Colosseo, le poesie di Trilussa, gli stornelli a Campo dè fiori.
Come la sua politica ipocrita e magnona, i romani a cui “non je devi cacà er cazzo”, la sua potenzialità inespressa bella e avvilente al tempo stesso. Come Sordi, De Sica, Fabrizi, Magnani, Ferri, Manfredi e tanti altri che hanno vestito i loro personaggi di romanità e l’hanno raccontata nelle sue sfumature e nelle sue contraddizioni umane ed universali.
Il sogno di una creatività che parte da un’esigenza di onestà invece che di falsità posticcia e retorica, gli apparteneva ed appartiene anche a noi.
E ci piace ricordarlo con quello spettacolo che quasi 46 anni dopo è ancora così attuale nel mostrare un modo diverso di intendere il palco come mezzo di condivisione di vitalità, di politica, di riflessioni, di socialità, di leggerezza e di gioco. Sempre con l’attitudine di chi ha e comunica la voglia di farsi attraversare dalla vita tutto d’un fiato.
A te gli occhi Gigi